Legge di Bilancio

Per i dipendenti degli Enti Locali la prima legge di bilancio firmata dal “Governo del cambiamento” in realtà non appare molto diversa da quelle varate dai governi precedenti.

Diverse sono le norme infatti che riguardano il personale  dipendente pubblico delle autonomie locali, ma nessuna pare avere quell’ampio respiro e quell’innovatività di cui avrebbe tanto bisogno il settore.

Nello specifico , seguendo l’ordine in cui si susseguono i vari commi della legge:

  • si disciplina l’utilizzo condiviso del personale tra più enti (ribadendo quanto peraltro già previsto dal CCNL del 2004);
  • si destina una quota del fondo per il reddito di cittadinanza per l’assunzione di 4000 unità di personale da utilizzare per potenziare i centri per l’impiego, specificando che il personale a tempo indeterminato già in servizio presso i centri per l’impiego rimane inquadrato in detti ruoli provinciali e non viene trasferito alla Regione, mentre quello assunto a tempo determinato o come co.co.co  rimane in carico a città metropolitane e province solo se dette funzioni non sono state loro attribuite con legge regionale;
  • Si stabilisce che dal 2019 le graduatorie dei concorsi saranno valide tre anni ma solo ed esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso, di fatto quindi “abolendo” gli idonei, con un periodo ponte nel quale terminano di espletare effetti le graduatorie antecedenti.

(Questa norma verosimilmente persegue l’obiettivo di evitare di ingenerare aspettative in coloro i quali si sono collocati più o meno a ridosso dei vincitori, ma sta facendo preoccupare più di un amministratore per il fatto che da oggi sarà necessario espletare un concorso ogni qualvolta ci sia bisogno di assumere una figura professionale, con relativi tempi tecnici ma soprattutto costi della procedura).

Sempre nella stessa direzione va anche l’eliminazione dell’obbligo di attingere a graduatorie ancora valide prima di espletare un nuovo concorso.

  • Relativamente allo stanziamento delle risorse necessarie per il rinnovo del Contratto nazionale, scaduto il 31 dicembre 2018, la legge di bilancio si limita stabilire che gli enti locali dovranno stanziare a carico del loro bilancio le somme necessarie all’erogazione dell’Indennità di vacanza contrattuale, pari allo 0,42% dello stipendio tabellare  per i mesi da aprile a  giugno e allo 0,70% dal mese di luglio;
  • Si prevede inoltre, sempre che si rispettino i limiti di spesa attualmente vigenti,  l’assunzione di LSU e LPU attraverso selezioni riservate nei limiti del 50% delle capacità assunzionali dell’Ente;
  • Si stabilisce che se a seguito dei servizi di lotta all’evasione fiscale si accerti e riscuota un maggior gettito per TARI e IMU, fino ad un massimo del 5% di tale maggior gettito possa essere destinato al fondo delle risorse decentrate.

Come si può vedere quindi nessun provvedimento importante, nonostante le richieste e le attese fossero tante e legittime: ne l’abolizione dell’odioso termine biennale di liquidazione del TFR (nonostante i ricorsi giudiziali già avviati in diversi Tribunali), né la defiscalizzazione del salario accessorio come avviene nel privato, men che meno le risorse per il giusto rinnovo del CCNL.

Anzi, adesso che si conosce anche il testo del decreto che stabilisce le condizioni per accedere al pensionamento con la cosiddetta “quota 100” si aggiunge un’ulteriore disparità: non solo non si parifica il termine di liquidazione del TFR, ma nel caso di quota 100 questo viene (in parte) semplicemente anticipato dalle banche e  una quota degli interessi da liquidare a queste è a carico dei lavoratori.

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